La dignità del lavoro è un diritto

Il 14 giugno il popolo ticinese è chiamato ad esprimersi sull’iniziativa popolare «Salviamo il lavoro in Ticino» con cui si chiede di introdurre nella nostra Costituzione cantonale il principio che tutti i lavoratori e le lavoratrici hanno diritto ad un salario dignitoso.

In pratica, l’iniziativa propone di introdurre una soglia salariale minima, sotto la quale non sarà più possibile scendere, e di declinarla secondo il settore economico e la mansione lavorativa. Il testo in votazione non propone alcuna cifra. Sarà la legge di applicazione ad attuare il principio.

Il concetto di salario dignitoso non è nuovo: già oggi è ancorato nella Costituzione cantonale come obiettivo sociale. All’articolo 14 si legge che lo Stato deve adoperarsi affinché ognuno possa sopperire ai suoi bisogni con un lavoro svolto in condizioni adeguate e con una retribuzione che gli assicuri un tenore di vita dignitoso. Belle parole sulla carta, ma nessuna rispondenza nella realtà. Negli ultimi anni la pressione al ribasso sui salari, la disoccupazione, il precariato e le persone in assistenza sono in continuo aumento.

La ragione è da addebitare in buona parte ad una mancanza di responsabilità sociale di molte imprese insediate sul nostro territorio, che sfruttano la manodopera a buon mercato d’oltre frontiera, e sostituiscono i residenti con personale pagato con salari lombardi. La politica aziendale di queste aziende ha ingenerato una spirale al ribasso di tutti i salari pagati in Ticino.

Lo confermano anche i dati dell’ultima rilevazione dei salari. Dal 2010 al 2012 i salari ticinesi hanno subito un trend al ribasso, anche per i salari offerti a persone formate e a laureati. Nel 2012 circa 7.000 persone residenti percepivano un salario inferiore a 3.500 franchi mensili lordi. Sempre nel 2012 il 10% dei salari pagati nell’economia privata (quindi 11.000 salari) si situava al di sotto di 3.100 franchi mensili lordi. Sempre nel 2012 il 10% dei salari maschili (quindi oltre 7.000 salari) era inferiore ai 3.571 franchi, il 10% dei salari femminili era inferiore ai 2.275 franchi (circa 4.000 salari) e il 25%, quindi un quarto degli interi salari femminili privati dell’economia cantonale, era inferiore ai 3.378 franchi (quindi oltre 10.000 salari).

Anche dai dati dell’Amministrazione federale delle finanze per il 2014, emerge un abbassamento del salario mediano ticinese, nonché un impoverimento delle economie domestiche del nostro Cantone: quasi ¼ della popolazione ticinese vive in un’economia domestica con un reddito uguale o inferiore alla soglia di povertà. Il 40% delle persone che beneficiano di prestazioni assistenziali sono persone che lavorano ma che non guadagnano a sufficienza per far fronte ai loro bisogni.

Per il momento, l’unico strumento legale a disposizione dello Stato per combattere il dumping salariale sono i contratti normali di lavoro (CNL), che in Ticino sono 14 su 20 in tutta la Svizzera. Ma questo strumento, che fa parte delle misure di accompagnamento all’accordo di libera circolazione delle persone, non è sufficiente, e non è uno strumento di facile attuazione. Da ultimo i ristretti parametri imposti dalla legge non permettono di decidere salari dignitosi. Infatti i salari minimi decisi con i 14 CNL non vanno al di là di salari bassissimi, a cavallo tra i 2.900 franchi mensili lordi e i 3.300 mensili lordi.

L’iniziativa in votazione rappresenta il primo, se non l’unico strumento, per combattere la pressione al ribasso dei salari ticinesi. L’iniziativa semplicemente trasforma l’obiettivo sociale, già oggi ancorato nella Costituzione, in un diritto sociale, come è per esempio il diritto all’istruzione.

Ciò significa fornire al Governo ed al Parlamento cantonale uno strumento per decretare una legge di applicazione cantonale. Giura e Neuchâtel ci hanno preceduto. In questi cantoni si è deciso per una soglia salariale a cavallo tra i 3.500 e i 3.600 lordi. Non sono salari da re, ma sicuramente sono ben al di sopra dei salari non dignitosi pagati oggi in Ticino.

Fissare nella legge di applicazione una soglia salariale minima, sotto la quale non sarà più possibile scendere, avrà un effetto benefico a cascata. Intanto farà cadere l’unico criterio su cui poggia la preferenza data da molti imprenditori alla manodopera frontaliera (oggi ancora aumentata), che è e rimane il minor costo del salario. Inoltre, introducendo un salario minimo svizzero in tutti i settori economici non coperti da una regolamentazione vincolante (come i contratti collettivi di lavoro) le porte di tutte le aziende si apriranno anche ai residenti, permettendo un riassorbimento della disoccupazione. I giovani in formazione, oggi soppiantati da personale frontaliere pagato poco più di un apprendista, troveranno finalmente il posto di apprendistato. Le aziende responsabili non subiranno più la concorrenza sleale dei loro concorrenti, basata essenzialmente sull’economicità della manodopera impiegata.

Nel contempo si ridurrà il costo delle prestazioni assistenziali, che in Ticino ammonta a 113 milioni di franchi annui. Oggi ci sono più di 10.000 persone in disoccupazione, circa 7.000 persone in assistenza e quasi un terzo della popolazione che fa capo a varie forme di aiuto sociale. La loro richiesta è una sola: poter lavorare e poter vivere decorosamente con il loro guadagno. Il 14 giugno noi votiamo per il lavoro e per la dignità del lavoro.

Michela Delcò Petralli
deputata al Gran Consiglio per I Verdi