L’ecologia fa bene anche all’economia.
/L’ecologia fa bene anche all’economia.
Veronica Galster su Area, 9 settembre. Intervista a Sergio Rossi:
Un tempo tra le prime della classe nel campo della protezione dell’ambiente, oggi la Svizzera si trova invece al secondo posto nella graduatoria dei maggiori produttori di rifiuti domestici in Europa, senza contare i danni ambientali che provoca al di fuori dei suoi confini nazionali. Non c’è più tempo da perdere, per il bene del pianeta occorre in qualche modo correre ai ripari al più presto, ma come? L’iniziativa popolare “Per un’economia sostenibile ed efficiente in materia di gestione delle risorse (economia verde)” può essere la via da seguire.
Se tutta la popolazione mondiale utilizzasse la stessa quantità di ri- sorse impiegate oggi dagli abitanti della Svizzera, ci vorrebbero quasi tre pianeti Terra (2,8) per assicurare l’approvvigionamento. Inoltre, con l’attuale modello economico, il crescente consumo di risorse nei Paesi in via di sviluppo e la forte spinta demografica, lo sfruttamento dei beni naturali è destinato a triplicare entro il 2050: a sostenerlo è il Programma delle Nazioni unite per l’ambiente. Occorre perciò agire con una certa urgenza per invertire questa tendenza.
L’iniziativa popolare federale “Per un’economia verde”, in votazione il prossimo 25 settembre (che Unia sostiene e raccomanda di approvare), va in questa direzione: vuole diminuire l’impatto am- bientale del nostro paese arrivando entro il 2050 a un’impronta ecologica di un solo pianeta Terra (contro i 2,8 odierni). Questo lo si può ottenere ancorando alla Costituzione i principi di un’economia circolare, nella quale un massimo di emissioni e di materiali dovranno essere rivalorizzati in nuovi cicli di produzione e di utilizzazione, oppure smaltiti senza danno per la natura. Per fare questo, si dovranno privilegiare le tecnologie rinnovabili ed efficienti (di cui già disponiamo) e i prodotti andranno concepiti in modo da durare nel tempo, essere riciclabili e smaltiti ecologicamente. Secondo quanto proposto dall’iniziativa, il Consiglio federale e il Parlamento deciderebbero le tappe e le misure necessarie a questo cambiamento di rotta, ma le misure volontarie dell’economia avrebbero comunque la priorità su quelle politiche e quindi nessuna misura verrebbe imposta.
Altri paesi, come la Finlandia o l’Unione europea, vogliono arrivare a un’economia sostenibile entro la stessa data, in linea con gli Accordi di Parigi sul clima. Inoltre, molte imprese internazionali si sono già impegnate a raggiungere questo scopo, che figura nella strategia “Visione 2050” del Consiglio mondiale delle imprese per lo sviluppo sostenibile (Wbcsd). Il nostro paese non sarebbe quindi da solo in questa inversione di rotta, che andrebbe a beneficio non solo dell’ambiente, ma anche dell’economia e dei consumatori. Ne abbiamo discusso con il professor Sergio Rossi, economista all’Università di Friburgo.
Professor Rossi, innanzitutto, che cos’è un’economia sostenibile?
Ci sono due visioni totalmente diverse tra loro. Secondo la visione dominante, di stampo neoliberista, le attività economiche sono sostenibili quando i profitti ottenuti dall’uso di risorse non rinnovabili
– per esempio le materie prime come il petrolio – sono interamente investiti per produrre degli impianti o dei macchinari grazie ai quali le generazioni future potranno godere delle stesse opportunità della generazione attuale. La visione degli economisti eterodossi, invece, considera le risorse naturali come un capitale che non deve essere intaccato ma pre- servato per le generazioni future, distinguendo tra la crescita economica – un fenomeno quantitativo che spesso giova ormai solo alle società finanziarie, ai loro dirigenti e agli azionisti di queste società – e lo sviluppo economico, che promuove la qualità di vita e il benessere individuale di tutta la popolazione, considerando pure che le attività economiche devono soddisfare dei bisogni umani rispettando l’ambiente.
La seconda visione sembra quella dell’iniziativa, ma in che modo questa può portare dei benefici alle attività economiche e quali sono i vantaggi rispetto all’attuale sistema?
Le attività economiche che sono favorevoli all’ambiente creano ormai molti più posti di lavoro nell’insieme del sistema economico di quanto facciano gli altri tipi di attività, contribuendo inoltre maggiormente alla crescita del prodotto interno lordo e dunque della cifra d’affari delle imprese coinvolte nell’economia verde. Il settore pubblico è perciò in grado di aumentare le entrate
fiscali riducendo di pari passo la spesa sociale. Questo circuito virtuoso per l’economia contribuisce anche alla coesione sociale, perché le attività economiche sono naturalmente ricollocate nel territorio anziché essere disperse ai quattro angoli del pianeta con
conseguenti flussi di merci, servizi, persone e capitali che pesano sull’ambiente e su una parte rilevante della popolazione appartenente al ceto medio.
Per i consumatori questo cambiamento non significherebbe quindi un aumento dei prezzi, come paventato dai contrari all’iniziativa?
Il passaggio verso un sistema economico sostenibile per l’ambiente comporterà la riduzione dei prezzi al consumo, a seguito dell’innovazione e del progresso tecnico che le imprese avranno l’interesse ad attuare quando i prezzi delle materie prime, non solo quelle energetiche, aumenteranno sempre più rapidamente a causa della loro progressiva sparizione sul piano mondiale. Le aziende svizzere, che generalmente sono orientate all’innovazione per essere concorrenziali nella globalizzazione economica, dovranno trovare una soluzione duratura al problema dell’aumento dei costi di produzione legato all’esaurimento delle risorse naturali. Se saranno le prime a farlo, avranno un vantaggio competitivo su tutte le altre nel lungo periodo.
Cinque verità sull’iniziativa «per un’economia verde»
I prezzi non aumenteranno!
Le docce calde dureranno di più!
Viaggi e grigliate si faranno ancora!
L’economia locale ne beneficerà!
La Svizzera sarà in buona compagnia!
Mentre il prezzo delle materie prime continuerà a lievitare (perché saranno sempre più rare), chi gestisce le risorse in modo efficiente ne trae un vantaggio molto prezioso con enormi potenziali per il futuro. L'iniziativa rafforza inoltre i posti di lavoro in Svizzera, attrezzando il mercato del lavoro alle sfide di domani. Già oggi infatti il settore cleantech è uno dei rami economici leader nel nostro paese, con circa 530.000 occupati a tempo pieno (comparabile con quello dell’industria farmaceutica).
Una persona che oggi si fa una doccia calda di due ore riscaldata con energia autoprodotta ha bisogno di un quarto dell’energia utilizzata da chi si fa una doccia di cinque minuti riscaldata con il classico sistema ad olio combustibile.
Con i dovuti incentivi politici e le attuali innovazioni tecnologiche potremo quindi farci tutti delle lunghe docce calde, con la coscienza pulita.
Il Consiglio federale e il Parlamento deciderebbero le tappe e le misure necessarie per raggiungere l’obiettivo dell’iniziativa, ma le misure volontarie dell’economia avrebbero la priorità su quelle po- litiche, nessuna misura verrebbe imposta. Potremo pertanto tran- quillamente continuare a mangiare carne, fare lunghi viaggi e utilizzare l’automobile, il tutto però con un minore impatto ambientale grazie alle tecnologie rinnovabili, che verranno privilegiate e incentivate.
Circa la metà di tutti i materiali consumati in Svizzera proviene dal- l'estero. Molti settori altamente specializzati dipendono dalle im- portazioni delle risorse e sono perciò esposti alle forti oscillazioni dei prezzi del mercato delle materie prime. Migliorare l'efficienza delle risorse riduce i costi e la dipendenza. Questo è d’importanza vitale in particolare per la Svizzera, un piccolo Paese con poche risorse naturali e un’economia aperta, orientata all’esportazione.
Altri paesi, come ad esempio la Finlandia o l’Unione europea, vo- gliono arrivare a un’economia sostenibile entro il 2050, un obiettivo in linea con gli Accordi di Parigi sul clima. Inoltre, molte imprese inter- nazionali si sono già impegnate a raggiungere questo scopo, che figura nella strategia "Visione 2050" del Consiglio mondiale delle imprese per lo sviluppo sostenibile (Wbcsd).