A proposito dei dati sull'assistenza in Ticino
/I dati sull’assistenza sociale che sono stati pubblicati oggi, più che fugare i dubbi sulla volontà di occultare le cifre di un fenomeno che colpisce sempre più persone nel nostro cantone, li confermano. Un solo foglio sul quale figurano pochi dati, un paio di grafici e cifre importanti a corredo di grandi disegni che non apportano nulla alla comprensione del problema. Questa non è informazione.
I dati sono incompleti. Nel foglio pubblicato oggi è scritto che i nuclei famigliari in assistenza sono aumentati di 364 nel corso di un anno, mentre le persone in più sarebbero 797. Non viene specificato però che questi sono dati relativi alla persone con domanda pagata, non a quelle con domanda attiva. Le persone con una domanda attiva erano già 8'946 a dicembre dello scorso anno. Dopo settimane di attesa, le cifre pubblicate oggi NON dicono quante sono in realtà le persone che dipendono dall’assistenza e di quanto sono aumentate.
Non sono neppure stati resi noti i dati riguardanti il numero di nuove domande inoltrate, impossibile quindi sapere come i tagli operati lo scorso anno per gli assegni di prima infanzia e integrativi abbiano inciso in questo senso. NON sappiamo quante persone hanno dovuto ricorre all’assistenza sociale a causa delle misure di risparmio approvate dalla maggioranza del Parlamento, e questo a pochi giorni dal dibattito in Gran Consiglio su altri tagli che andranno a colpire persone già in difficoltà.
Tentare di abbellire la situazione “dimenticando” di pubblicare alcune cifre non porterà a una migliore comprensione del fenomeno e sicuramente non a una maggiore fiducia dei cittadini nelle istituzioni. L’impressione è la situazione sia sfuggita di mano e che il Consiglio di Stato non sia in grado di proporre soluzioni concrete ed efficaci. I palliativi adottati dal governo e dalla maggioranza del parlamento cantonale con le manovre di risparmio degli ultimi anni non sono serviti a nulla. Questo tipo di sviluppo economico sta creando benefici per pochi e danni sempre maggiori al resto della popolazione. L’unico modo per uscire da questa spirale al ribasso è avere il coraggio di cambiare rotta: smettiamola di attirare aziende di ogni tipo con sgravi fiscali e iniziamo a porre chiari criteri qualitativi sociali e ambientale alle imprese che vengono a stabilirsi da noi. Il nostro obbiettivo dev’essere un’economia al servizio della società e dell’ambiente, e non l’introito fiscale immediato conseguito a qualsia costo.