La Riforma che impoverirà i comuni

La Riforma III della fiscalità delle imprese, su cui saremo chiamati a votare il 12 febbraio, è un assegno in bianco, che dovremmo firmare senza garanzie e senza sapere quanto ci costerà.
Nemmeno l’Amministrazione federale ha voluto assumersi il rischio di calcolare il totale delle perdite in entrate fiscali che il nostro Paese subirà: le stime parlando di 1,3 miliardi in meno per la Confederazione e 3 miliardi per i comuni e i cantoni.
Delle stime però è meglio diffidare, come insegna la Riforma delle imprese II, votata nel 2008. Le perdite per le casse pubbliche sono state miliardarie, invece dei pochi milioni annunciati durante la campagna, tanto che l’errore è stato riconosciuto perfino dal Tribunale federale. Le argomentazioni di allora sono esattamente le stesse che sentiamo oggi: la riforma migliorerà l’occupazione, i salari cresceranno, aumenteranno i fondi delle assicurazioni sociali e le PMI saranno avvantaggiate. Delle tante promesse ben poco si è tramutato in realtà. Il numero delle aziende è aumentato in maniera esponenziale ma gli introiti fiscali non hanno seguito questa tendenza. Gli effetti nefasti in ambito fiscale si sono sentiti soprattutto a livello dei cantoni che hanno iniziato a registrare deficit anno dopo anno e che hanno dovuto adottare misure di risparmio sulle spalle dei cittadini. Neppure i miglioramenti promessi nell’ambito del mercato del lavoro si sono verificati, anzi: disoccupazione, precariato, sottoccupazione e casi vergognosi di dumping sono moltiplicati e poco a poco in molti settori i salari sono diminuiti.

È indubbio che una riforma sia necessaria, per adeguarsi alle nuove norme europee, questo però non ci obbliga ad accettare questo progetto a «senso unico» elaborato dal Parlamento e lontano dalla prima versione proposta dal Consiglio federale. Dobbiamo avere il coraggio di rimandare al mittente questa riforma che andrà ad impoverire in maniera importante soprattutto i comuni e che finirà per portare ad altri tagli dei servizi e ad aumenti di imposte per i cittadini. Gli sgravi a pioggia, che andranno anche ad aziende che assumono solo frontalieri a paghe indegne, non fanno bene alla nostra economia, non lasciamoci incantare dalle profezie di certi politici. Ad ogni chiamata alle urne ci paventano il crollo dell’economia, dell’occupazione e la partenza di tutte le ditte estere, farneticazioni degne dei Maya. Ma soprattutto non dimentichiamoci che un’economia sana non può svilupparsi in un Paese dove la popolazione risulta impoverita e mancano i soldi per garantire il buon funzionamento dei servizi essenziali.

La Svizzera è e resta un Paese molto competitivo a livello fiscale nel contesto europeo, ma soprattutto le condizioni quadro sono quelle che ci danno un surplus rispetto ai nostri vicini, e necessitano di finanze pubbliche sane per gli investimenti. Rifiutiamo questa riforma a senso unico che garantisce vantaggi spropositati alle aziende e penalizza i cittadini e chiediamo con convinzione al Parlamento un progetto più equo ed equilibrato che rafforzi davvero la Svizzera e garantisca posti di lavoro di qualità.