Riforma Fiscale: si basa su una minaccia mai provata
/Colleghe e Colleghi,
Presidente, on. Consiglieri di Stato
Premetto, a scanso si equivici che quando parlo di economia e di aziende, parlo in generale non potendo individuare le aziende virtuose e socialmente responsabili escluse dalle mie considerazioni.
Nella mappa Eurostat sul rischio povertà, il Ticino, è un punto di colore rosso vivo nel cuore dell'Europa, come la Grecia, l'Italia Meridionale, la Romania e la Spagna Meridionale.
Il tasso di rischio povertà in Ticino è il più alto di tutta la Svizzera 31,4% (contro il 17% media svizzera) ed interessa 106'485 persone. Mentre il tasso di povertà (ricordo che una persona sola è povera se non dispone di un reddito superiore a CHF 2300 mensili) si attesta al 17% (contro il 7% media svizzera). Care colleghe e cari colleghi vi sembra normale? A me no!
Questi dati significano che la spesa sociale a carico dello Stato del Cantone Ticino rimarrà molto elevata e continuerà a crescere negli anni, anche per effetto dell’invecchiamento della popolazione, che nel nostro Cantone è particolarmente significativo. Dal 2010 ad oggi le prestazioni assistenziali sono esplose, si registra un aumento annuo il 5% (più di 100 milioni all’anno di spesa), le persone beneficiarie di prestazioni assistenziali sono aumentate da circa 6000 a 8400 in soli due anni. E’ un dato certo che non possiamo ignorare e con cui occorre confrontarsi soprattutto quando si progettano riforme fiscali come quella di cui stiamo dibattendo, che comportano forti perdite erariali per gli anni a venire. A pieno regime, solo con la prima tappa di sgravi fiscali, le casse pubbliche di Cantone e Comuni perderanno 38,3 milioni annui. Perdite erariali che aumenteranno ancora con i prossimi pacchetti fiscali già annunciati dal Governo cantonale e federale, tra cui la diminuzione dell’aliquota sugli utili delle persone giuridiche.
Gli entusiasti sostenitori di questa riforma, come di quelle che seguiranno, sono sicuri che la stessa servirà per attirare e trattenere sul nostro territorio le aziende, soprattutto quelle a statuto speciale, che in futuro non potranno più godere, a giusta ragione, del cospicuo sconto fiscale. Personalmente non sono cosi sicura, dato che nel contesto intercantonale e internazionale basta un alito di vento per cambiare la situazione. Lo dimostrano anche le recenti dislocazioni di Armani, VF , Diamond che hanno chiuso dei reparti e si sono trasferiti all’estero e questo anche sotto il regime dell’attuale statuto fiscale speciale.
In tutto il paese e nel mondo continua la corsa al ribasso degli oneri fiscali. Oggi recuperiamo sei posizioni nel confronto fiscale intercantonale, ma domani potremmo di nuovo perderle.
Una riforma fiscale ha senso se porta ad un miglioramento della struttura economica del cantone, se serve per dirigere l’economia verso attività sostenibili e responsabili, se serve ad una migliore redistribuzione della ricchezza, se serve ad alleviare l’impatto ambientale delle aziende insediate sul territorio. Il mio gruppo non vede nulla di tutto ciò, salvo forse per le misure destinate alle start-up, che infatti abbiamo votato.
Non è la prima volta che il Governo ed il Parlamento decidono di accordare sgravi fiscali alle aziende ed ai contribuenti facoltosi, senza pretendere nulla in cambio, e il risultato che ne è derivato lo stiamo ancora pagando ora in termini di deficit e debito pubblico.
Tra il 1997 e il 2004 Marina Masoni promosse una serie di pacchetti fiscali per ridurre le aliquote sul capitale delle aziende e la diminuzione dell'imposta sugli utili. Misure che hanno comportato importanti riduzioni delle entrate fiscali del Cantone e dei Comuni. Gli sgravi fiscali decisi in quegli anni hanno provocato una minore entrata annua per il Cantone di 207 milioni. In quei periodi il disavanzo del Cantone si aggirava sui 200 milioni all’anno. Oggi stiamo ancora pagando quelle decisioni, e lo ammette lo stesso Consiglio di Stato alle premesse del Messaggio sul preventivo, dove sottolinea che:
"gli importanti disavanzi d’esercizio cumulati dal 2004 che hanno gradualmente eroso il capitale proprio, il quale, considerando i dati di preventivo 2017, potrebbe raggiungere il valore di -561.7 milioni di franchi"
Fatto è che quegli sgravi fiscali non sono andati a beneficio della popolazione ticinese, né dello Stato del nostro cantone, ma semmai sono serviti per aprire le porte ad aziende che si sono insediate sul nostro territorio per usufruire dei nostri servizi, pagando però meno imposte rispetto al paese di provenienza. Aziende che beneficiano del “carosello dell’IVA” e speculano sulla manodopera transfrontaliera a basso costo, escludendo di fatto i residenti da molti settori economici.
Anche il gettito fiscale di queste aziende su suolo ticinese è significativo del poco valore economico prodotto dalla maggioranza di queste aziende. Dal confronto intercantonale relativo al gettito fiscale delle sole persone giuridiche a statuto speciale, si evince che il numero di tali aziende in Ticino è quasi uguale a quello di Ginevra (e cito Ginevra perché è tra i cantoni con un carico fiscale più elevato del nostro), ma… a Ginevra fruttano allo Stato federale 779 milioni di imposte, mentre le nostre aziende pagano 70 milioni di imposte. VD ne ha 701 ma fruttano allo stato federale 604 milioni, e cosi di seguito. BS ne ha 533 che pagano all’erario federale 573 milioni annui.
In compenso, le nostre, sono aziende che ci costano, sia in termini di infrastrutture che di costi sociali e ambientali. Solo la spesa causata dal traffico transfrontaliero (65'000 persone) ammonta a 22 milioni di franchi all’anno! Prima di concedere sgravi fiscali, che forzatamente vanno a tutte le aziende senza distinzione, sarebbe opportuno verificare il rapporto costi e benefici. Se non si riduce la spesa pubblica generata da queste aziende, gli sgravi fiscali avranno l’effetto di una leva negativa sui conti dello Stato.
Non possiamo continuare a salvare i conti dello stato decidendo tagli al sociale ed ai compiti dell’ente pubblico. Negli ultimi anni abbiamo già deciso tagli per 50 milioni. Fino a quando potremo erodere i pilastri su cui regge il nostro stato sociale senza che crolli tutto l’edificio?
Le difficoltà economiche dei nostri concittadini rimangono e si accentuano, anche se non vogliamo vederle. Oggi si discute di salario minimo e l’opposizione più agguerrita arriva proprio da chi sarà beneficiato dagli sgravi fiscali.
Si è voluto procedere celermente con l’evasione del Messaggio sulla riforma fiscale cantonale. Si è dato tutto come vero e assodato, come si è dato per vero che il carico fiscale è stato motivo della partenza di alcuni facoltosi.. Ma non sappiamo nemmeno chi sono e quali le ragioni vere della loro partenza (a parte il decesso).
Alla base del pacchetto fiscale c’è una minaccia: se non lo approviamo le aziende se ne andranno! Però nessuno l’ha potuto provare, e nessuno ricorda che alcune se ne sono già andate anche con lo statuto speciale.
Anche la simmetria tra benefici e sacrifici è data per assodata, ma per noi non lo è. In verità la riforma sociale, prevista con il pacchetto fiscale, potrebbe già essere introdotta senza legarla a doppio filo con gli sgravi fiscali. L’aggiunta al prelievo sui salari di o,o8%, è di poco conto considerati i vantaggi offerti.
D’altra parte un assegno parentale una tantum di CHF 3000 serve a ben poco (solo la spesa per i pannolini ammonta a 2800 franchi) Non serve nemmeno ad aumentare il tasso di natalità, che come si sa è strettamente connesso alla situazione economica e sociale. Se i genitori non sanno se potranno continuare a lavorare, se i genitori non sanno se potranno percepire un salario che gli consenta di vivere, se temono per la salute dei loro figli e per la mancanza di lavoro offerto ai giovani, a poco serve un assegno parentale alla loro nascita. Sono queste le incertezze che devono essere affrontate e risolte!
Come sapete il mio partito ha aderito alla proposta di referendum su questo pacchetto fiscale. Benché consapevoli della concorrenza fiscale intercantonale ed internazionale crediamo che la corsa al ribasso delle imposte senza un risanamento delle condizioni economiche e sociali della popolazione residente, sia l’inizio della fine dello Stato e dello Stato sociale. Negli anni a venire lo Stato avrà bisogno di un forte gettito fiscale per affrontare anche le nuove sfide connesse al riscaldamento climatico, soprattutto in Ticino dove l’edificazione ha scalato le montagne e cementificato il territorio.
Secondo noi la riforma è sbilanciata a favore dei vantaggi e poco o nulla porta di positivo alla popolazione ticinese. Non serve a ridurre l’impatto ambientale, non serve a sollevare le condizioni lavorative, non serve ad arginare i fenomeni di precariato ed esclusione sociale, e senza questi correttivi la spesa pubblica continuerà ad aumentare. Crediamo perciò che il pacchetto debba essere sottoposto al voto popolare. E’ la popolazione di questo Cantone che deve credervi ed assumersi i rischi legati alla perdita consistente di entrate fiscali , con la consapevolezza che mancheranno i mezzi per far fronte ai compiti dello Stato e che i ceti bassi e medi saranno poi chiamati a coprire le perdite erariali, come è già successo in altri cantoni per esempio nel Cantone di Lucerna, dove il Governo per coprire i buchi milionari alle casse pubbliche ha imposto un regime di austerità senza precedenti.
Queste riforme richiamano alla mente l’aforisma di Petrolini: tassiamo i poveri e i piccoli perché hanno poco ma sono tanti!
Infine ricordo a questo Parlamento che secondo uno studio del Credit Suisse il fisco non è determinante per la scelta del luogo dove vivere o insediare la propria attività. Altri sono gli elementi considerati: per esempio la qualità delle scuole – e qui il Ticino è in fondo alla classifica per investimenti nella formazione primaria e professionale e la qualità di vita, che purtroppo il Ticino sta perdendo a passi da gigante!
Michela Delcò Petralli, Gran Consigliera Verde.