Accordo quadro, non così!
/L’eventuale accordo quadro tra la Svizzera e l’Unione Europea sarà uno dei temi fondamentali che dovrà affrontare la prossima Assemblea federale. Il dibattito si è finora concentrato sugli aspetti legati alla sovranità, alla cittadinanza europea e alle prestazioni sociali. Ci sono però due altri aspetti dell’accordo quadro che per il Cantone Ticino sarebbero molto negativi: l’allentamento delle misure di accompagnamento alla libera circolazione e le regole sugli aiuti di Stato. Il nostro Cantone è confrontato da una decina d’anni a una progressiva precarizzazione del mercato del lavoro: il lavoro interinale è quintuplicato, il lavoro notificato è più che triplicato e i salari sono stagnanti.
Le misure di accompagnamento previste dall’accordo sulla libera circolazione contrastano in maniera insufficiente queste derive. Per questo motivo ho promosso l’introduzione del salario minimo (approvato dal popolo ticinese nel 2015) e sostengo l’istituzione di uno statuto speciale per il Ticino che consenta di adottare misure d’accompagnamento più incisive. L’accordo quadro va però esattamente nella direzione opposta, poiché ci chiede di recepire la direttiva europea sui lavoratori distaccati. Travail.Suisse e l’Unione sindacale svizzera, nell’ambito procedura di consultazione sull’accordo quadro, hanno giustamente osservato che questa direttiva peggiorerebbe ancora più il livello di protezione dei salari svizzeri. Possiamo quindi bene immaginare cosa succederebbe in Ticino, dove già oggi i bassi salari sono il doppio che in Svizzera (25% contro il 12%).
Le regole sugli aiuti di Stato previste dall’accordo quadro potrebbe invece avere effetti negativi sul servizio pubblico. In Ticino penso in particolare alle aziende di trasporto pubblico, ma anche a BancaStato e AET. BancaStato è uno vettore economico per il nostro Cantone e riversa nelle casse cantonali un dividendo di ca. 35 milioni di franchi all’anno. AET, dopo un lungo periodo di difficoltà dovuto a investimenti fallimentari (carbone in primis), sta faticosamente tornando nelle cifre nere e dovrà giocare un ruolo decisivo nella transizione energetica dei prossimi anni. L’accordo quadro mette in discussione alcune forme di sostegno statale e potrebbe quindi intralciare l’attività delle nostre aziende para-pubbliche.
La Svizzera deve intrattenere relazioni stabili e ordinate con l’Unione europea, ma gli interessi dell’economia non possano essere perseguiti a scapito del mercato del lavoro, dei diritti sociali, del servizio pubblico e dell’ambiente. Un accordo quadro che non corregga queste storture non è nell’interesse delle ticinesi e dei ticinesi e mi troverà quindi sempre contraria.