No all’accordo di libero scambio con l’Indonesia
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Il territorio indonesiano è ricco di foreste tropicali, savane, boschi di mangrovie e barriere coralline che sono tutti habitat di specie viventi uniche nel loro genere, tra cui mammiferi a rischio critico d’estinzione, come la tigre di Sumatra, l’elefante asiatico e l’orangutan. La formidabile ricchezza di forme di vita caratteristiche di questo ambiente è però messa a dura prova dall’espansione delle attività umane. Negli ultimi decenni, lo sfruttamento delle risorse fossili e minerarie, il depauperamento delle foreste per l’industria della cellulosa e soprattutto il devastante impatto dell’urbanizzazione e delle piantagioni di olio di palma hanno danneggiato irreversibilmente la stragrande maggioranza del territorio. Un rapporto della FAO sulla deforestazione in Indonesia attesta che tra 1990 e 2011 si sono persi ogni anno più di 1 milione di ettari di foreste. Le poche oasi verdi rimaste, inoltre, sono spesso troppo piccole ed isolate per garantire la sopravvivenza delle specie presenti. Un altro rapporto speciale del WWF sugli investimenti operati da fondi esteri sui settori della cellulosa e le piantagioni di palme da olio dimostra come il ruolo dei soldi della Confederazione, investiti in casse pensioni e fondi d’investimento attraverso banche svizzere, siano stati gli artefici di questa carneficina ambientale. Se la Svizzera ha intenzione di continuare a definirsi neutrale in ogni aspetto e non avere dubbi di coscienza verso i disastri ecologici del mondo, allora deve essere consapevole dell’impatto a cui contribuisce nel contesto globale. In piena emergenza climatica com’è possibile sostenere un tipo di commercio con paesi che agiscono in maniera tutt’altro che solidale per soddisfare le sfrenate esigenze di paesi più avanzati? Un accordo di libero scambio in questo senso può oltretutto essere deleterio per l’economia agricola elvetica, in quanto ci sarebbe una pressione massiccia sulla produzione e sui prezzi nazionali di oli vegetali, come colza e girasole, con il conseguente vantaggio a favore dell’olio di palma (di cui l’Indonesia è un importante esportatore; settore fortemente coinvolto nella deforestazione). Non abbiamo bisogno di questo, né di tanti altri prodotti a buon mercato ed eticamente dubbi. Dobbiamo prendere atto della volontà politica e impedire il finanziamento di attività distruttive nei confronti di ecosistemi di importanza mondiale, perché la biodiversità che abbonda in queste meraviglie naturali non potranno restituircela né interessi azionari né campagne politiche. Per una priorità alla protezione ambientale e alla produzione agricola ecologicamente sostenibile e concorrenziale, i Giovani Verdi si schierano per il referendum contro l’accordo di libero scambio con l’Indonesia.