I contingenti che vanno bene all'intellighenzia

Quando il 9 febbraio si parlava dell'introduzione di contingenti, l'intellighenzia e le élite intellettuali del paese si sono stracciate le vesti (con tutto il cancan fatto su Erasmus e dintorni). Però quando si devono introdurre i contingenti nel mondo universitario o accademico, si scaldano molto di meno. Due pesi e due misure?

Quando si dice: predicare bene, ma razzolare male! Qualche giorno fa la Conferenza dei governi della Svizzera occidentale (per far semplice i cantoni romandi) si era lamentata perché le università svizzere attirano meno studenti stranieri. Secondo loro è ha causa del voto del 9 febbraio e, come corollario, di tutti gli zotici, isolazionisti e xenofobi che hanno votato a favore (ehi sì , ci siamo dentro anche noialtri, tu, io, lei e il 70% circa degli elettori ticinesi).

E i governi cantonali romandi concludevano che per mantenere la necessaria apertura del mondo accademico "il mantenimento della libera circolazione delle persone e delle relazioni bilaterali con l'Unione europea rappresentano ormai l'unica via da seguire".

Peccato che a smentirli sia proprio il mondo accademico. Nei giorni scorsi, infatti, si è saputo che il Consiglio dei politecnici svizzeri ha chiesto al Consiglio federale la possibilità di contingentare gli studenti stranieri. Sì, avete letto bene, contingentare.

A quanto pare le università svizzere sono "vittime" del loro successo: attirano troppi studenti stranieri e sono ormai al limite della loro capacità, in particolare il politecnico di Losanna.

Negli atenei elvetici gli stranieri sono il 29%, al Poli di Losanna il 52%. Il presidente del Poli losannese ha rilasciato alla radio romanda una intervista che è veramente notevole. Per chi capisce il francese vale la pena di ascoltarla. Patrick Aebischer, si chiama così, spiega che oramai le capacità di accoglienza del Poli sono quasi raggiunte, gli studenti si sono lamentati perché le infrastrutture sono al limite, la notorietà dell'Alta Scuola ha attirato troppi stranieri e bisogna trovare il modo di controllare questa crescita. Il bello è che l'illustre rappresentante del mondo accademico dice di essere assolutamente contrario ai contingenti che il popolo ha votato il 9 febbraio e di essersi opposto all'iniziativa UDC, però quando si tratta della "sua" scuola allora i limiti si giustificano perché sarebbe impossibile accogliere troppi stranieri. E il Poli di Zurigo è nella stessa situazione.

Insomma apertura a geometria variabile; quando si tratta dei lavoratori e della popolazione che subiscono la concorrenza della manodopera estera, si lamentano delle strade sovraccariche, del costo delle infrastrutture che questa crescita provoca, del fatto che manca spazio è xenofobia. Se lo fanno le università è una necessità.

Chissà se Simonetta Sommaruga dirà anche agli studenti e ai professori di stringersi?

Anche la vicenda dei tre studenti a cui è stato negato il visto per frequentare un master alla scuola Dimitri è un bell'esempio di apertura a geometria variabile. C'era chi era già pronto a lanciare la pietra contro il 9 febbraio e il dipartimento delle istituzioni, ma né l'uno né l'altro c'entrano.

L'Ufficio federale della migrazione, che ha attivamente difeso la libera circolazione, chiede ai cantoni di applicare le disposizioni in modo restrittivo dall'agosto 2013 quindi da ben prima dell'odiata svolta isolazionista e xenofoba decisa dagli svizzeri con questa barbara usanza denominata democrazia diretta.

Con la libera circolazione è stata abolita la preferenza nazionale, ma è stata introdotta la preferenza europea. Vale a dire che gli europei hanno la precedenza su tutti gli altri. Gli studenti UE hanno diritto all’entrata e a un permesso di soggiorno, gli altri, oltre a provare di avere sufficienti mezzi finanziari e impegnarsi per iscritto a lasciare il paese appena gli studi sono terminati o se vengono interrotti, devono anche dimostrare che esiste una ragione particolare per seguire quei determinati studi, l’importanza di una formazione in Svizzera per il loro futuro professionale e giustificare la durata complessiva del soggiorno. Se esiste il dubbio che questi studenti vogliano anche lavorare, magari per mantenersi agli studi, vengono scartati. Perché anche per i lavoratori vale la preferenza europea.

Chi proviene da paesi terzi infatti è contingentato e deve provare che non ci sia nessun altro in tutto lo spazio Ue-Aels (Associazione europea di libero scambio) che abbia lo stesso profilo professionale. E stiamo parlando di 500 milioni di persone, non è proprio facilissimo far valere competenze uniche.

Dimitri, che a quanto pare vuole impegnarsi per ribaltare il voto del 9 febbraio perché lui lotta per "una Svizzera aperta", è cosciente che questo sistema discrimina chi non proviene dall'Ue? Quando i sostenitori delle libera circolazione si lanciano in appassionate filippiche sull'"apertura", dovrebbero precisare che parlano di questa roba qui, di apertura verso l'UE, non verso il mondo.

Chi critica tanto il principio di preferenza nazionale, condendo il tutto con accuse di xenofobia e razzismo, mi deve ancora spiegare perché invece la preferenza europea sarebbe invece sinonimo di "tolleranza". La domanda l'ho già posta più di un anno fa.

In attesa di una vostra risposta, cari ambienti illuminati, progressisti e aperti, vi porgo i miei più distinti saluti.


Sergio Savoia