Ticino a statuto speciale per rilanciare il lavoro

La decisione dei Verdi del Ticino di assumere una posizione molto critica nei confronti dei Bilaterali e della politica economica dell’Unione europea risale al 2009.

Foto: tipress / liberatv.ch

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La decisione non fu presa a cuor leggero e tanto meno per motivi elettorali, ma sulla base dei primi allarmanti segnali di sgretolamento del mercato del lavoro ticinese. Il tutto in un quadro coerente di rifiuto delle logiche del mercato globale, da sempre criticato per il carattere predatorio nei confronti delle risorse naturali e sempre più anche della dignità umana. Per i Verdi del Ticino la difesa dei diritti dei cittadini, la loro dignità, il loro lavoro e il loro territorio devono chiaramente prevalere sull’ideale romantico di un’Europa dei valori, che di fatto non esiste. In questo senso non siamo poi lontani dalle posizioni di Syriza in Grecia.

Sei anni dopo siamo più che mai convinti della bontà di questa svolta. Infatti, dal 2008 – cioè da quando il mondo è entrato in una fase di crisi permanente – il gap tra ricchi e poveri si è accresciuto come non mai in precedenza. Lo testimoniano ad esempio le cifre pubblicate dalla rivista «Forbes». Tra il 2009 e il 2014 il numero di superricchi nel mondo è passato da 793 a 1645. Tra il 2013 e il 2014 le 85 persone più ricche al mondo hanno aumentato i loro averi di 668 milioni di dollari, bada bene non in un anno, ma al giorno! Queste persone possiedono la stessa ricchezza della metà più povera della popolazione terrestre. Anche nei Paesi sviluppati (area OCSE) la disuguaglianza economica continua a crescere. L’1% dei ricchi italiani, ad esempio, detiene ora la stessa ricchezza del 60% dei connazionali, mentre tra il 2008 e il 2014 gli italiani che versano nella povertà assoluta sono raddoppiati, oltrepassando la cifra di 6 milioni.

La situazione in Ticino conosce lo stesso allarmante trend. Dal giugno 2002 al settembre 2014 il numero di disoccupati secondo i parametri ILO (Organizzazione Internazionale del lavoro) è aumentato da 5’400 a 12’000 unità. Nei giovani il tasso di disoccupazione ILO ha raggiunto il 16%. Il tasso dei salari bassi è del 22,6%, il più elevato della Svizzera, così come il tasso dei working poor (7.1% contro il 4.5% nazionale). Il 29% delle persone vive in un’economia domestica con un reddito disponibile inferiore alla soglia di povertà (15.5% in Svizzera). I salari nel settore privato sono i più bassi della Svizzera, inferiori del 16.7% alla media nazionale e il divario si allarga (nel 2004 la differenza era del 13.8%).

La situazione è precipitata dopo la crisi del 2008. Negli ultimi sei anni il numero di nuovi frontalieri è aumentato di 18 mila unità, mentre i posti di lavoro creati sulla base dei dati forniti dalle aziende sono stati novemila. Mancano all’appello novemila posti di lavoro, che spiegano il forte aumento del tasso di disoccupazione (ILO) e dei costi sociali. Nulla di sorprendente e nulla contro i frontalieri: è l’inevitabile situazione di una piccola regione che si trova a competere con 14 milioni di persone in Lombardia e Piemonte con un reddito annuo pari a metà del nostro ed elevati tassi di disoccupazione.

Per compensare almeno parzialmente la distribuzione diseguale dei benefici e dei costi della libera circolazione, i Verdi hanno chiesto lo statuto speciale per i cantoni di periferia che superano la soglia del dolore di alcuni indicatori sociali (disoccupazione giovanile ILO o casi di dumping salariali denunciati). Contro questa proposta i rappresentanti del PPD e del PLR si sono indignati e i due gruppi non hanno sostenuto la nostra risoluzione in Gran Consiglio, riducendone così nettamente le chances di successo a Berna.

Non capisco come si possa bocciare una richiesta avvalorata da una serie di indicatori economici e sociali impressionante, mentre gli stessi esponenti non si fanno scrupoli nel sostenere lo statuto speciale fiscale delle imprese multinazionali oppure la tassazione speciale per i globalisti. Lo statuto speciale fiscale permette alle multinazionali di pagare meno tasse e distribuire sostanziosi dividenti, contribuendo così ad alimentare il crescente gap tra poveri e ricchi.

Che il sistema sia ormai marcio lo capiscono anche i grandi, che al Forum economico di Davos hanno discusso quasi solo di economia sociale, la nuova parola magica per evitare la caduta nel baratro scavato dalle politiche economiche liberiste che vorrebbero far consumare sempre più beni a consumatori sempre più poveri o senza lavoro.

In attesa delle soluzioni dei big, i Verdi chiedono da tempo misure straordinarie (statuto) e stipendi dignitosi da implementare con salari minimi differenziati per categoria (iniziativa «Salviamo il lavoro»). E l’introduzione immediata di contingenti per i settori più colpiti dalla disoccupazione. Salvare il lavoro? Sì che si può.

Francesco Maggi
capogruppo dei Verdi del Ticino in Gran Consiglio
candidato al Consiglio di Stato