Tassa di circolazione: qualcuno dovrebbe veramente imparare a fare i conti

In questo ultimo periodo stiamo assistendo all’ennesima promozione politica che ha lo scopo di accaparrarsi consensi nel mondo degli automobilisti. Le due iniziative «Per un’imposta di circolazione più giusta», rispettivamente, «Gli automobilisti non sono bancomat!» hanno l’obbiettivo conclamato di spingere il governo a ridurre le tasse di circolazione. A sostegno delle loro richieste i sostenitori di questa riduzione parlano spesso di una copertura dei costi, quindi tasse più eque verso gli utilizzatori.

Premettendo che una tassa non è calcolata solo sulla base di dati scientificamente provati, ma che di fatto ha una componente fortemente politica, sarebbe veramente interessante calcolare il vero impatto che l’utilizzo di un’autovettura ha su di noi e sul nostro territorio.

In un calcolo “più giusto” si dovrebbero inserire tutta una serie di costi diretti ma anche indiretti: costi della salute derivanti dalle emissioni di sostanze nocive e foniche, costi ambientali per l’utilizzo di superficie pregiata per la costruzione di strade, costi legati alla minor qualità di vita dei comparti a ridosso di strade e autostrade, insomma costi che di fatto la comunità paga e che ad arte nessuno inserisce nelle proprie analisi.

A un’analisi corretta e globale, sicuramente complessa da allestire, i fautori di queste iniziative preferiscono semplificare il discorso, pontificando i poveri automobilisti che di fatto sono costretti a pagare per tutti. Soldi che il cantone, a loro detta, distribuirebbe a pioggia per il finanziamento dei mezzi pubblici, della scuola pubblica, del sostegno al sociale, … .

Inviterei i partiti che sostengo queste iniziative a fare un’analisi seria e approfondita della problematica, e a fare i conti con l’oste, senza dimenticare dati scomodi, nel rispetto delle persone che i danni collaterali dell’automobile li subisce quotidianamente.