Si vota solo sugli sgravi fiscali, punto!

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In tutto il paese, e nel mondo, continua la corsa al ribasso degli oneri fiscali per i grandi patrimoni e le grandi aziende, accrescendo lo scarto tra ricchi e poveri. Anche il Ticino non sfugge a questa logica. Le misure fiscali oggetto di votazione, che comportano una perdita di 52,5 milioni all’anno (30,1 per il Cantone e 22,4 per i Comuni), vogliono diminuire la pressione fiscale sulla sostanza delle persone fisiche (a partire da una sostanza netta imponibile superiore a 1,38 milioni) e sul capitale delle persone giuridiche, in particolare di quelle che oggi, approfittando dello statuto speciale, pagano circa un decimo dell’imposta ordinaria.          
Secondo gli entusiasti sostenitori della riforma, l’alleggerimento proposto serve per trattenere e attirare i contribuenti facoltosi e le grandi aziende, in particolare quelle che, per decisione federale, perderanno i privilegi dello statuto speciale. In definitiva, secondo i sostenitori, servono per rilanciare l’economia.        

Ma è vero? E rilanciare quale tipo di economia? Non è la prima volta che Governo e Parlamento decidono di accordare sgravi fiscali: tra il 1997 e il 2004 fu deciso di ridurre l’aliquota fiscale sull’utile e sul capitale delle persone giuridiche. Questi sgravi non sono però serviti a portare aziende ad alto valore aggiunto o posti di lavoro qualificati e retribuiti con salari dignitosi. Alcune aziende se ne sono comunque andate per ragioni loro (p.es. Armani, VF, Diamond). Per contro gli importanti sconti d’imposta, e i conseguenti mancati introiti, hanno eroso le riserve pubbliche, giustificando una politica di austerità mai subita in precedenza. Il nostro Cantone è stato preso d’assalto da aziende a basso valore aggiunto che assumono solo frontalieri a paghe da fame. Aziende che hanno mangiato il territorio, congestionato il traffico e portato con sé una cultura aziendale a noi estranea. Il numero d’imprese è effettivamente aumentato, ma a che prezzo? La risposta è nel numero di disoccupati, sottooccupati e delle persone finite in assistenza. Il degrado delle condizioni lavorative è sotto gli occhi di tutti a cominciare dalla pressione al ribasso dei salari. Per salvare i conti del Cantone si è imposta una politica dei sacrifici che ha comportato tagli nel sociale per 50 milioni. Si sono ridotti servizi e aiuti alla popolazione, mandando in assistenza numerose famiglie, si è tagliato sui sussidi di cassa malati e gli aiuti agli studi. Il tasso di povertà in Ticino, è aumentato, attestandosi al 17% a fronte del 7% media Svizzera. Le persone a rischio povertà sono aumentate a 106'485 unità, pari al 31,4% della popolazione. Tutto questo significa che l’economia non è stata in grado di creare e distribuire ricchezza tra i residenti, ed i proventi -fatti anche di risparmi sulle imposte- se ne sono andati altrove o nei mercati finanziari.        
Una riforma fiscale ha senso se serve per dirigere l’economia verso attività innovative, sostenibili e responsabili, se crea ricchezza e ne migliora la redistribuzione tra la popolazione residente, se allevia l’impatto ambientale delle aziende insediate sul territorio. L’unica misura intelligente della riforma fiscale, che però non è oggetto di referendum e quindi non è sottoposta al voto popolare, è quella adottata per le start-up innovative. Misura approvata da tutti, anche dal mio partito, che potrebbe già entrare in vigore da subito. Cosi come da subito potrebbero entrare in vigore le misure sociali, già approvate e non soggette a referendum. Non lasciamoci ingannare! Il 28 aprile si vota solo sugli sgravi fiscali!       

Per ora una sola cosa è certa: le difficoltà oggettive di molti cittadini aggiunte all’invecchiamento della popolazione, fenomeno particolarmente marcato nel nostro Cantone, chiederanno sempre più risorse allo Stato, a cui mancheranno 52 milioni di entrate fiscali. Perdite erariali destinate ad aumentare con la riforma fiscale federale che abbasserà l’imposta sugli utili delle persone giuridiche. E allora, chi dovrà colmare il vuoto delle casse pubbliche, sia in termini di tasse dirette ed indirette che di mancate prestazioni?  Sarà il ceto medio e medio-basso, a cui la riforma fiscale non porta assolutamente nulla!           
Questa riforma richiama alla mente l’aforisma di Petrolini: tassiamo i poveri e i piccoli perché hanno poco ma sono tanti! Infatti siamo il 99% dei contribuenti