Il sostegno all'economia ticinese passa anche dal piatto!

Non sono ancora vegana, crudista, vegetariana, ma digerisco tutte le declinazioni del cucinare con piacere. In una parola, sostengo l’agricoltura locale di collina e di montagna, i suoi formaggi e carni, i suoi vini e la sua frutta. Per un’agricoltura contadina diversificata, di prossimità, a filiera corta, a basso impatto ambientale. Il 2014 è stato designato dalla FAO (Food and Agriculture Organisation of ONU) l’anno internazionale dell'agricoltura familiare e contadina: oltre 500 milioni di aziende agricole a conduzione familiare producono cibo per sfamare miliardi di esseri umani.

Questa votazione ci accompagna verso una visione più viva dell’agricoltura di cui abbiamo bisogno. Di un avvocato forse si ha bisogno un paio di volte nella vita, di un medico un paio di volte all’anno, ma di un contadino tutti hanno bisogno tre volte al giorno.

Un’azienda agricola mista risponde ai bisogni alimentari degli abitanti di una regione (prossimità e tracciabilità). Biodiversità ed etica, cibi locali e di stagione, autoproduzione e riciclo, condivisione share, portano alla sovranità alimentare e all’autodeterminazione di una città. Non si tratta di rinunciare, di tornare al 1950, ma di riprendere il controllo dell’organizzazione del cibo, di accedere all’economia circolare: un insieme di sistemi resilienti, efficienti, dove si sceglie, si usano beni di lunga durata, si ottimizza, senza resti, senza più sacchi dei rifiuti, nessuno stock, senza supermercati. Entriamo in un mondo parallelo, quello delle transition towns, già migliaia nel mondo

(https://transitionnetwork.org/transition-near-me). In Inghilterra sta già succedendo qualcosa, gli agricoltori, i trasformatori e i distributori si riorganizzano per coprire il fabbisogno di ogni regione inglese per l’era post Brexit (2 film fantastici: Nils Aguilar, Voices of transition e Jo Barker, In our hands).

Una economia della condivisione dove è più importante vendere servizi che prodotti, dove esiste la separazione dei concetti di reddito e di lavoro (reddito di base, reddito di cittadinanza). Il cibo torna ad avere un valore se gli allevamenti sono biologici e proporzionali alla terra disponibile, se l’agricoltura è biologica (senza prodotti di sintesi, senza OGM) e ha il diritto di utilizzare le proprie sementi e di accedere all’acqua pulita.

La terra è il nostro pianeta cibo. Le terre agricole sono una risorsa non rinnovabile. In Svizzera le superfici arabili sono insufficienti a sfamare la popolazione, per questo dobbiamo mantenere la nostra capacità di produrre alimenti e proteggere le terre agricole fertili dall’edilizia e dagli inquinanti. La Svizzera importa un grande volume di prodotti. Il progresso non è poter comperare tutto, il rischio è non produrre più nulla da sé. Viviamo un sistema alimentare criminale. Le aziende contadine che coltivano il suolo sono relegate ai margini del sistema alimentare, per accentrare i ricavi tra i trasformatori, la logistica, i trasporti e la distribuzione globale.

Bisogna dare maggior guadagno alla produzione e non ad un tipo di distribuzione che ogni sera deve gettare l’invenduto. Bisogna abbassare i costi della logistica e dell'energia. Bisogna regolamentare la grande distribuzione, proteggere i prezzi alle frontiere, evitare una concorrenza sleale sui prodotti importati, esigere condizioni di produzione trasparenti anche all’importazione: non solo biologici e a produzione integrata, ma anche etici, ortaggi raccolti da “mani pulite”, questo chiede l’iniziativa popolare federale “Per derrate alimentari sane, prodotte nel rispetto dell’ambiente e in modo equo” (iniziativa per alimenti equi). È il concetto del “cibo buono pulito e giusto” lanciato da Slow food e raccolto da marchi come Vitiswiss che per la viticoltura in produzione integrata chiede vigneti ecologici, vini sani e una conduzione aziendale etica.

Per i supermercati francesi è ora illegale gettare il cibo invenduto. Una legge entrata in vigore il 3 febbraio 2016 obbliga i supermarket a donare alle organizzazioni benefiche i cibi ancora commestibili.

Più verdura e meno carne. La verdura ticinese di stagione è ferma nelle celle frigo, perché i prezzi di produzione in Ticino sono maggiori dei prezzi di mercato delle verdure estere (salari da fame della manodopera, nessun costo di trasporto calcolato) e di quelle del resto della Svizzera (costi energetici inferiori, più superfici meccanizzabili). Al consumatore va infilato un prodotto ortofrutticolo ticinese nel carrello, lo smercio della verdura ticinese in Ticino va sostenuto, meglio organizzato e valorizzato e d’altra parte al consumatore va sempre proposto anche l’acquisto di verdure di forma non perfetta. Ad es. su loonity.ch, alla ConProBio, alla Migros, alla Coop, alla Manor, il Ticino lo trovi: sceglilo.

Gli orticoltori organizzano attorno a loro dei GAS (gruppi d’acquisto solidale a cui tutti possiamo aderire) per i quali producono in quantità già pattuite. Aprono l’azienda alla raccolta diretta e promuovono la trasformazione delle materie prime in azienda. Dare volto a chi produce e raccoglie (Aceroecovillaggio a Contone, Via Campesina).

Si moltiplicano nel mondo le iniziative civili di riorganizzazione dei materiali a disposizione, dal cibo in scadenza (Tavolino magico, Food sharing, Frisch von Gestern, Last Minute Market), ai farmaci (progetto DoLine), all’auto (Condividi l’auto) ai mobili e vestiti, alle vacanze, al tempo (banche del tempo), tutto è share e just in time, un hic et nunc postmoderno.

Gli orti sui tetti dei palazzi sono un qui e ora perfetto per avere verdura fresca 24/7 a km0, per risparmiare energia (isolazione), per creare socialità, anche sui tetti ticinesi.

Un’iniziativa fantastica che allegramente condivide le riserve di cibo a disposizione, è la messa in rete di piante da frutta abbandonate in tutta Europa e non solo, frutti maturi che tutti possono andare liberamente a raccogliere (www.mundraub.org): chi conosce piante da frutta libere in Ticino, le metta in rete, entriamo anche noi nel mondo parallelo, condividiamo.

Al sistema alimentare ticinese servono molti più locavori (che si nutrono solo di cibi locali), flexitariani (vegani e vegetariani in modo flessibile) e freeganiani (recuperano avanzi di ristoranti, mense e supermercati).

Grazia Cavallini
Produttrice di vini
Consigliera comunale a Breggia