Luca Mercalli e i cambiamenti climatici
/«Sei disposta a rinunciare a volare in aereo?» Questa domanda, posta dal climatologo Luca Mercalli giovedì 2 maggio nella Biblioteca cantonale di Lugano a una giovane che gli chiedeva cosa lei potesse fare concretamente per ridurre il suo impatto sulla Terra e quindi sul clima, riassume il centro del dibattito seguito alla conferenza «La crisi climatica è rapida, la politica ambientale è lenta», organizzata dal Club Plinio Verda.
A cosa siamo disposti a rinunciare del nostro odierno modo di vita per contribuire a diminuire l’impatto umano sugli equilibri vitali mondiali? La giovane ha ipotizzato una rinuncia all’aereo a condizione che diminuiscano i prezzi dei trasporti pubblici, in particolare del treno. E, con la stessa mentalità, moltissimi si dicono disposti a rinunciare a qualcosa ponendo però condizioni, avanzando se e ma. Eppure, dice Luca Mercalli, a breve – questione di qualche decennio – saremo di fronte all’impossibilità tanto di avanzare condizioni per un cambiamento del nostro modello di vita, quanto di essere liberi di decidere a cosa rinunciare: saranno i fatti a imporre cambiamenti drastici a tutti.
Come spiega il conferenziere il problema del mutamento del clima non è una scoperta scientifica del XXI secolo: dal 1979 vi è la piena coscienza scientifica del legame tra aumento della temperatura e CO2 (rapporto Charney, «Anidride carbonica e clima: una valutazione scientifica», pubblicato dall'Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti); da decenni il mondo scientifico internazionale (quello indipendente, che non è finanziato indirettamente o direttamente dalle lobby economiche dominanti) ha fornito spiegazioni scientifiche circa le alterazioni che l’azione dell’uomo sta provocando sul clima e, più in generale, sul tessuto ecologico che ha garantito per milioni di anni la vita sulla terra. Molti di questi scienziati hanno subito attacchi e denigrazione, esattamente come li subì la biologa Rachel Carson nel 1962, quando pubblicò il libro «Primavera silenziosa», nel quale denunciava il pericolo dell’uso di pesticidi clorurati come il DDT, partendo dall’analisi delle alterazioni ai cicli biologici, constatate a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale. L’industria chimica promosse campagne denigratorie contro la signora Carson, rea di aver scoperto e documentato le devastanti intossicazioni provocate dai prodotti chimici creati per combattere zanzare e altri insetti nocivi all’agricoltura.
Ma al di là dell’industria del fango massmediatico che ha tentato di screditare i ricercatori indipendenti che hanno dato i primi allarmi, il vero e drammatico problema è rappresentato dal tempo, che viene a mancare per intervenire con incisività: secondo il climatologo Mercalli e i suoi colleghi non si potranno più scongiurare i danni e i disastri ma solo, in parte, mitigarli. Questo è anche il risultato di un fenomeno descritto dal biologo statunitense Commoner, nel 1971: «ciò che è reale nelle nostre vite, e in contrasto con la logica razionale dell’ecologia (…), è l'inerzia, apparentemente senza speranza, del sistema economico e politico (…)». È proprio questa inerzia che porta a rinviare l’adozione delle necessarie e drastiche misure per ridurre l’impatto dell’uomo. Un’inerzia politica che si scherma con lo "sviluppo sostenibile", in nome del quale le autorità giustificano sempre nuove infrastrutture, crescita urbana e sfruttamento della natura, dopo una (per lo più ridicola) "ponderazione degli interessi in gioco" che, nella stragrande maggioranza dei casi, favorisce quelli di quel tipo di economia fondata sulla distruzione degli ecosistemi.
Non c’è speranza, allora? Luca Mercalli scrive nel suo ultimo libro «Non c’è più tempo – come reagire agli allarmi ambientali», che «la fotografia istantanea di un presente tutto sommato accettabile per il nostro mondo occidentale, seduto sugli allori dell’abbondanza e della tecnologia, non permette di cogliere gli scricchiolii che preludono a un futuro difficile, e quindi spazzano via ogni possibilità di prevenzione efficace. Il tempo utile scorre via, e la società si distrae con altri temi, del tutto marginali, eretti a fondamentali».
Le marce per il clima di questi mesi, nate grazie alla determinazione della ragazza svedese Greta Thunberg, sono un segnale che induce a una minima speranza poiché mostrano un'apparente presa di coscienza della gravità della situazione. Ma non bastano. Al di là dei proclami, conterà solo la capacità di modificare subito il modello di vita consumistico di tipo occidentale impostosi negli ultimi settant’anni, che oggi si estende su quasi tutto il pianeta, e di abbandonare l’ideologia della crescita illimitata (compresa quella demografica, indicata dal conferenziere come la causa prima dell’impatto devastante della nostra specie).
Tiziano Fontana, consigliere comunale I Verdi