Dritti per tutt*

Non capirò mai il nostro sistema: sappiamo di essere tutti diversi, eppure alcune differenze troviamo necessario sottolinearle e renderle più importanti. È arrivata l’ora di smettere di cullarci nei progressi fatti nell’ultimo secolo e abbattere queste ultime ed inutili chiusure mentali. La vita di gay, lesbiche, trans* e bisessuali è probabilmente meno dura che in passato, ma non è ancora rosea: spesso non hanno pari diritti degli eterosessuali, per alcuni è difficile vivere apertamente la propria omosessualità, altri sono vittime di atti omofobici.

Ci sono poi ancora 3 chiare forme di discriminazione qui da  noi: la prima è l’impossibilità di sposarsi. Certamente c’è l’opzione dell’unione civile, ma perché creare una differenziazione inutile e discriminatoria? È ora che siano solo l’amore ed il rispetto a contare.

Un’altra discriminazione, che trovo assurda, riguarda gli uomini omosessuali e il dover dichiarare di essersi astenuti da un anno da rapporti sessuali, anche con i partner fissi, per poter donare il sangue. Non mi ci addentro neanche a cercare un senso logico in questa assurda regola. So solo che io, giovane ragazza eterosessuale, non vengo sottoposta allo stesso trattamento e questo basta e avanza per trovarlo ingiusto.

Il terzo punto, l’adozione. È un tema su cui rifletto da molto. La prima volta capitò alle medie, un tema argomentativo: “Sei d’accordo o meno con i matrimoni omosessuali, e con l’adozione da parte di coppie omosessuali?”. La mia testolina di dodicenne rispose rapidissima alla prima domanda, “certamente, l’amore è amore”. La seconda parte causò qualche problema: ci misi una settimana a smontare pezzo per pezzo tutte le convinzioni che mi erano state inculcate."Ero convinta che la garanzia di felicità fosse data dall'avere un padre e una madre. Mentre guardavo i miei compagni mi resi conto che uno di loro viveva solo con sua mamma, ma era felice quanto gli altri." Nonostante la consapevolezza che le famiglie si potessero sfaldare ero comunque convinta che con l’adozione bisognasse scegliere il meglio possibile per il bambino. Mi ci è voluta una sola settimana, a 12 anni, per capire che non è il sesso diverso di due persone a determinare cosa è meglio per un bambino. Mi è bastato leggere che in Svizzera addirittura una persona single, con le difficoltà di conciliare il lavoro e il nuovo o la nuova arrivata, può diventare genitore, per far capire alla me dodicenne, che di nuovo, bisogna parlare di amore, affetto e rispetto, e non di sesso e sessualità.

Ada Tognina, candidata alle eleziona Nazionali