La famiglia che vogliamo
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Il 27 settembre decideremo tra le altre cose del tipo di famiglia che desideriamo alla base della nostra società, esprimendoci a favore o meno del progetto di congedo paternità presentato dalle camere federali come controproposta all’iniziativa «Per un congedo di paternità ragionevole – a favore di tutta la famiglia». Un progetto, diciamolo subito, tutt’altro che all’avanguardia e tutt’altro che soddisfacente: siamo uno dei pochi paesi in Europa ancora sprovvisti di un congedo per i neo-papà e la proposta del Parlamento concede solamente due settimane da trascorrere con la propria famiglia entro sei mesi da una nuova nascita. Tutt’altro che ideale, ma un buon inizio per permettere lo sviluppo di un nuovo modello di famiglia, incentrato sulla presenza di entrambi i genitori e sulla condivisione di esperienze e responsabilità.
La struttura famigliare tradizionale cristallizza la madre nel ruolo di principale addetta alla cura dei figli e il padre in quello di deputato al sostentamento del nucleo, con una funzione solo marginale nell’allevamento della prole. Questo modello, oltre che anacronistico, è poco bilanciato. I bimbi sono privati della presenza e del prezioso contributo di entrambi i genitori nel loro processo di crescita, mentre il carico di oneri e responsabilità relativo alla loro cura ed educazione è spartito in modo iniquo tra i genitori. Inoltre, spesso in questo modello c’è poco spazio per la realizzazione della donna-mamma attraverso altre attività lavorative o sociali all’infuori da quelle svolte in seno al nucleo famigliare, perpetrando uno schema discriminatorio che sta alla base di molte ingiustizie di genere. Un modello che come giovane donna non ammetto per il mio futuro, distante o vicino che sia.
Ciò che immagino è invece una famiglia in cui la suddivisione dei ruoli è flessibile e bilanciata. Voglio poter offrire ai miei figli la presenza, la cura e l’attenzione di entrambi i genitori, attori alla pari in un progetto di vita condiviso. A cominciare dalla loro nascita e dai momenti immediatamente successivi.
Il congedo paternità di due settimane che voteremo il 27 settembre è una condizione non sufficiente ma sicuramente necessaria per proseguire nel lungo viaggio verso un modello famigliare equilibrato ed evoluto. Il passato ci insegna che i cambiamenti in Svizzera si fanno a passi piccoli ma decisivi (purtroppo o per fortuna, dipende dai temi e dai punti di vista), e l’introduzione di un congedo paternità è sicuramente uno di questi. Un passo però che non possiamo più fare a meno di compiere: è troppo tempo che marciamo sul posto, senza fornire le risposte e gli strumenti adeguati alle famiglie in una società che evolve e si rimodella a ritmi incessanti.
Cristina Gardenghi, granconsigliera per i Verdi del Ticino e le Giovani Verdi