1819 – 2019, un bicentenario di conquiste migliorabili

Canton Ticino, una fredda primavera del 1819.
Gianmarco Soldini ha 22 anni, lavora per un esportatore di legname ticinese in Lombardia, è sulla diligenza Lugano - Monte Ceneri, tronfio del suo ruolo di superiorità sui boscaioli che stanno tagliando i boschi di protezione, cosciente che tornare dal padrone con il prezzo migliore significa continuare a lavorare, e poi insomma, lui deve sposare la Franca Adamini che gli ha promesso tre figli sani e maschi, alla faccia della prima pandemia colerica al mondo che imperversa a Lugano e sta mietendo vittime su vittime.

Giannina Fogliani ha 19 anni, è seduta con in grembo un canovaccio di canapa su cui sono stesi dei fazzoletti di lino in attesa di ricamo, deve sbrigarsi Giannina, ma prima vuole ricamare quelli di seta della bella signora di Milano che soggiorna a Biasca, sperando di renderla contenta, così potrà lavorare ancora per lei e toccare quelle stoffe così morbide e lisce.

Carletto Mattei ha 24 anni, si unisce al gruppo di giovani uomini alla biforcazione di Cevio, imbocca il sentiero ripido, deve dissodare per fare dei terrazzamenti sostenuti con dei muretti a secco in modo da coltivare qualche cereale, fa freddo ma la neve non è molta, spera di guadagnare un po’, il Carletto, perché domani ha intenzione di andare a Locarno ad acquistare qualche alimento degno di questo nome, non vuole che il suo bambino abbia il gozzo come molti della sua famiglia, d’altronde cosa ci si può aspettare da una dieta a base di farina fatta con scorza di faggio e di gusci di noce?

Canton Ticino, una calda primavera del 2019.
Tiffany B. ha 24 anni, un incarico temporaneo per l’organizzazione di un evento a Lugano procuratole dall’agenzia per il lavoro, era stufa di rimanere senza far niente e rispondere a sua madre che comunque era coperta dalla disoccupazione.

Bill N. ha 23 anni, è in possesso di una licenza media poco gloriosa, si è cimentato in un paio di apprendistati, uno l’ha concluso ma i datori di lavoro non sembrano interessati, è forte e robusto ma da un po’ di tempo si sente depresso, probabilmente andrà in assistenza.

Anel S. ha 25 anni, un attestato di impiegato di commercio che non l’ha portato da nessuna parte, l’agenzia gli ha trovato un lavoro temporaneo presso una ditta specializzata in bonifiche, smantella tetti in eternit con un operaio esperto, è contento Anel perché l’operaio gli dice di ripresentarsi al mattino, anche se un dubbio sulla pericolosità dell’asbesto Anel ce l’ha e gli sembra che certi materiali debbano essere maneggiati da personale qualificato, ma non osa chiedere.

Il mondo del lavoro è cambiato rispetto a mezzo secolo fa, quando in Svizzera il posto fisso, prescindendo dalla qualità e dalle condizioni, era la regola. Oggi il panorama lavorativo presenta delle statistiche diverse e gli equilibri sono cambiati, gli analisti e gli economisti spiegano la situazione lavorativa ancorandosi alla parola magica dell’evoluzione che, intrinsecamente, richiede flessibilità e competenze. Mi permetto tuttavia di affacciarmi non sul panorama di mezzo secolo fa, bensì su quello di due secoli fa, e allora il concetto di evoluzione in campo lavorativo un po’ mi sfugge.
Ho osato avanzare un’analogia con la situazione in cui si trovava il nostro Cantone nato da pochi anni, quando la scarsità di risorse in mezzo a un’Europa che cercava di risollevarsi dalle guerre napoleoniche andava a braccetto con l’avidità e la disperazione degli uomini; eppure, in mezzo alla povertà, vi erano personaggi illustri che hanno fatto la storia ticinese, attuando provvedimenti importanti per creare delle condizioni di vita dignitose, per incivilire con la scuola e per seminare una coscienza politica tra la gente.

Oggi gli ammortizzatori sociali messi in atto nella nostra democrazia sono encomiabili, molte malattie sono debellate, la coscienza ambientale è diventata collettiva e ha originato il diritto ambientale, nessuno, se non per motivi particolari, muore di fame. Le agenzie per il lavoro, multinazionali quotate in borsa, con venti miliardi di fatturato e trentacinquemila dipendenti, sono considerate un toccasana dall’economia e dai governi, i loro insigni fondatori hanno creato un apparato diffuso in grado di rispondere efficacemente alle richieste di lavoro interinale, per sgravare sia gli enti pubblici sia i datori di lavoro privati.

Probabilmente l’intenzione è lodevole, l’organizzazione impeccabile, l’efficienza invidiabile, eppure io ho il dubbio che queste agenzie a cui anche diversi datori di lavoro ticinesi si rivolgono, non siano la risposta corretta alle sfide future della nostra società, soprattutto quella di formare e di dare fiducia ai giovani affinché possano svolgere una professione dignitosa e avere una prospettiva a lungo termine.

Michela Bazzi Pedrazzini, candidata indipendente al Gran Consiglio