Visione sistemica? Esternalizzata!

Talvolta si sente dire che i Verdi non si occupano di economia. Certamente i Verdi non si occupano di quell’economia che continua a speculare sulla capacità degli ecosistemi e dei sistemi sociali di fornire una cospicua rendita, illudendo che non vi sia alcun limite. In questi tempi di crisi ecologica/climatica ed anche politico/sociale, la vera domanda è piuttosto se l’economia e chi la rappresenta politicamente si stia occupando di ecologia in maniera seria.

Osservando la politica economica e territoriale ticinese (beninteso, il discorso si potrebbe allargare parecchio), francamente non si trova traccia di azioni incisive in tale direzione. I termini utilizzati sono sempre quelli dell’economia classica, finalizzata alla continua crescita del PIL attraverso produttività, innovazione e concorrenza, senza assolutamente porsi il problema di fondare e sviluppare una sistematica sostenibilità ecologica e sociale di lungo termine.

Infatti, i discorsi sulla politica economica e territoriale vengono sempre ed ancora incentrati sui concetti di maggiore guadagno, maggiore produttività, maggiore valore aggiunto ecc. in un climax esasperato verso una crescita che non concepisce un limite. Allora vediamo i rappresentanti della nostra politica economica e territoriale alimentare questo delirio d’onnipotenza trasformando la Repubblica e Cantone del Ticino in “Città Ticino” quale parte della “vasta area metropolitana transfrontaliera”, anello di congiunzione tra Milano, Zurigo e le altre città del nord Europa. La Città Ticino diventa allora la terra dei biotec, fintec, fashion, intelligenza artificiale, digitalizzazione e stabilimenti più moderni d’Europa.

Naturalmente tutto questo po’ po’ di roba, che si prevede di attirare dall’esterno con ogni sorta di facilitazioni, perché tutti questi profili non si trovano a buon mercato sul nostro territorio, non avrà alcun impatto sociale ed ecologico su nostro fazzoletto di terra, perché magicamente saremo riusciti a “dematerializzare” l’economia fisica e mentale al punto che l’aumento paventato a tutti i livelli (popolazione, strutture, servizi, carichi di lavoro, di formazione, …) non peseranno affatto né sull’ambiente, né sulle persone. Che i liberali, o meglio i “liberisti” come li ha chiamati Andrea Ghiringhelli in un suo recente contributo, possano farsi prendere da queste visioni, non sorprende. Loro si gongolano nella crescita infinita e nel feticcio dell’”eccellenza”. Ma che l’alleanza Lega/UDC, paladina del blocco delle frontiere, presunta paladina dell’identità e della salvaguardia del nostro territorio (chiudendo le frontiere!), possa rincorrere questo delirio, è assolutamente inconcepibile.

Che i liberali/liberisti ricorrano al “greenwashing” per ottimizzare la propria rendita elettorale è scontato. Appartiene al loro DNA utilitaristico. Ma alla Lega e al Capo del DT non basta rivendicare deflussi minimi, tassa di collegamento, divieto di circolazione e mezzi pubblici gratuiti, tasse rifiuti (peraltro dovute per una legge già in vigore), Valera e incentivi su auto elettriche per fregiarsi del label verde. Queste sono tutte cure sintomatiche, mentre ora servono incisive cure sistemiche. Del resto basta vedere l’enorme distanza che ci separa dalla sostenibilità climatica per capirlo: dalle 12 tonnellate di CO2 pro capite dovremmo scendere a zero entro il 2050. Se il direttore del DT non si accorge che è proprio il modello territoriale/economico definito nell’ultima revisione del piano direttore cantonale ad “asfaltare”, saturare e rovinare il nostro territorio con i suoi ecosistemi ed il suo tessuto sociale, allora denota una significativa lacuna di visione sistemica. Se il capo del DT non figura tra i partecipanti al tavolo di lavoro sull’economia indetto da Vitta (https://www4.ti.ch/dfe/de/tavolo-economia/tavolo-di-lavoro-sulleconomia/?noMobile=1), il sospetto che questa visione e azione sistemica manchi o che volutamente non la si voglia affrontare, trova ulteriore conferma.

Le parole non sono inoffensive. Hanno un loro peso.

Marco Noi